«Il carbone e l’acciaio non costituivano più un problema, la Francia usciva dall’era delle restrizioni. L’iniziale predilezione per la pietra lasciava il posto a motivi di ordine estetico e sentimentale. La pietra era sinonimo di materiale nobile. Gli architetti delle nuove generazioni se ne disinteressavano. Se qualche volta un committente ne imponeva l’uso, convinto dal fervore di Marcerou, i progettisti facevano di tutto per renderla inaccettabile. Ero uno dei pochi a non avere alcun pregiudizio riguardo alle strutture. I vari architetti moderni me l’hanno sempre rimproverato: essere all’altezza dei tempi voleva dire costruire in calcestruzzo e acciaio, altrimenti non si entrava a far parte del gioco. Si era trattati come retrogradi e si cercavano termini complicati per esprimere critiche con linguaggio professionale.
Considero l’architettura come un’arte al servizio della società. Se il servizio è reso bene, la scelta del materiale importa poco. Non bisogna mai dimenticare che il modernismo di una certa epoca è responsabile dello stile moderno e quello di un’altra del barocco. Tutto ciò è arrivato dopo il rigore dell’architettura romana, l’ardire delle strutture gotiche, la purezza dell’arte greca. Perret e Le Corbusier avevano lo stesso testo di riferimento, la Storia dell’Architettura di Choisy».
Renato Capozzi, Università degli Studi di Napoli Federico II, DiARC
Giulio Barazzetta, Politecnico di Milano, DABC
Catherine Sayen, Association Les Pierres Sauvages de Belcastel, Toulouse
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Ultimo aggiornamento: maggio 2024