«Immediatamente impugnai il problema ma le cose si presentavano difficili. Non si poteva assolutamente demolire i lavori già eseguiti. Con il mio vecchio amico Borel e un brillante allievo della scuola di Aix, Donatini, mettemmo a punto in qualche giorno, le nostre prime proposte. Il principio adottato fin dall’inizio e disegnato in tutta fretta, fu complessivamente rispettato nella realizzazione: quattro edifici simili, un quinto a destra del municipio ed un sesto, più basso, sul modello di quelli della Tourrette, all’altra estremità. Gli stretti passaggi erano sostituiti da piazzette. In questo modo un più grande numero di edifici usufruiva della vista sullo specchio d’acqua. Le facciate erano completamente modificate: avanzavo l’allineamento di quattro metri sul marciapiede lungo tutta la banchina con dei loggiati sostenuti da setti in pietra. Così, nonostante l’aspetto piuttosto massiccio, la superficie vetrata delle aperture rappresentava l’ottanta per cento della facciata. (…)
Quanto a me, poco rispettoso delle gerarchie ed unicamente preoccupato per il Vieux Port, accumulavo i disegni. Mi preparavo a presentare al ministro il mio progetto nel modo più completo e convincente possibile.
Circa quindici giorni prima della scadenza, Devin ed io fummo convocati a Parigi dalla direzione della costruzione per la conferma dell’incarico. (…)
La logica del progetto di Devin era all’opposto delle esigenze del sito. Questa dell’integrazione è una questione spinosa per gli architetti. Per la maggior parte, la si considera come un intralcio alla contemporaneità. Il mio punto di vista era più sfumato. In un insieme architettonico esistente, l’introduzione di un nuovo elemento può certamente apportare un’emozione, rivelarsi interessante e perfino geniale. Ma in questi casi, l’intervento deve rivestire un carattere monumentale.
Nel Vieux Port parzialmente distrutto, erano rimasti in piedi svariati chilometri di facciate ben ordinate, senza contare i due forti alla Vauban o medioevali, le chiese di Saint Victor e di Saint Laurent, il campanile degli Accoules, il municipio di Pierre Puget e l’ospedale maggiore di Hardouin-Mansart. (…) Il nuovo intervento doveva conservare un carattere minore, come era sempre stato per il tessuto abitativo, pur presentando un aspetto altrettanto rude che gli edifici alla Ledoux sulla sponda opposta. Creare qualcosa d’insolito in un insieme così armonioso, era per me, più che un errore : un crimine. (…)
Al ministero incontrai Dalloz e Bordaz. Presentai loro le mie prime proposte. Entrambi scelsero un disegno con delle arcate a piano terra, per sedurre il sindaco: “Poi si vedrà” dissero.
Mi attenni dunque a questo principio che avrei presentato a grande scala, ed organizzai lo studio per realizzare un vero e proprio progetto. (…)
In meno di quindici giorni ripresi completamente il progetto conservando solo le strutture già realizzate. Nuove facciate, nuove piante, nuova organizzazione degli appartamenti. Ero incollato al tavolo da disegno per fornire continuamente lavoro, notte e giorno, alla mia squadra di ragazzini dai diciassette ai vent’anni. Loro erano sorpresi di dover disegnare le formidabili facciate del Vieux Port di Marsiglia e curiosi di vedere il loro giovane padrone rivaleggiare con uno dei grandi maestri della scuola. Questa lotta di Davide contro Golia li appassionava».
Renato Capozzi, Università degli Studi di Napoli Federico II, DiARC
Giulio Barazzetta, Politecnico di Milano, DABC
Catherine Sayen, Association Les Pierres Sauvages de Belcastel, Toulouse
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Ultimo aggiornamento: maggio 2024